I Pianeti Extrasolari
(Materia di una conferenza tenuta al CAM il 26-9-2007)
Alla metà degli anni '70 il famoso volume "Guardiamo l'Universo" di Jean Claude Pecker, forse l'unico libro veramente serio di astronomia a livello scientifico presente sul mercato, già affermava l'estrema difficoltà insita nell'osservazione diretta dei pianeti extrasolari (la figura di destra, da ingrandire, contiene un breve excerpt tratto dall'ultimo capitolo). Il dato riportato mi è sempre sembrato, invero, alquanto pessimistico; facendo due conti in croce, infatti, si può determinare che se osservato alla distanza di Alfa Centauri, pari a 4.3 anni luce, ovvero 271000 Unità Astronomiche, Giove apparirebbe in effetti poco più brillante della 23-esima grandezza. Tuttavia individuare un oggetto del genere negli immediati dintorni di una stella di magnitudo 0 (e cioè oltre un miliardo di volte più brillante!) è un'impresa molto difficile anche per le moderne tecnologie, nonostante gli astronomi abbiano a disposizione, oramai da anni, telescopi più grandi e sofisticati, muniti di ottiche adattive per neutralizzare gli effetti molesti dell'atmosfera. Tuttavia, sarebbe un po' come pretendere di fotografare la proverbiale lucciola accanto a un faro da 10.000 watt! Ma alcune cose sono decisamente cambiate nel corso degli ultimi 30 anni, e ciò ha costituito un grande trionfo per grandi pensatori del passato, da Epicuro allo sfortunato Giordano Bruno, i quali già avevano arditamente formulato l'ipotesi sulla presenza di altri pianeti e/o sistemi solari nel nostro Universo.
(Materia di una conferenza tenuta al CAM il 26-9-2007)
Il filosofo greco Epicuro L'imput relativo a questo cambiamento epocale è stato dato da Wilhelm Gliese, un astronomo tedesco vissuto tra il giugno del 1915 e il giugno del 1993, che aveva lavorato per l'Astronomisches Rechen-Institut, dapprima a Berlino e in seguito a Heidelberg. Nel 1969 aveva avviato un programma per catalogare tutte le stelle vicine entro una distanza di 20 parsec, poco dopo esteso sino a 25 parsec (81.5 anni luce). Era nato così il CNS2, sebbene tale sigla non venga mai impiegata. Questo elenco rispettava l'ordine di quello redatto precedentemente (il CNS1) e utilizzava una particolare numerazione per indicare le nuove stelle che venivano aggiunte dopo il punto decimale. Successivi aggiornamenti hanno permesso allo stesso Gliese e al suo collega Harmut Jahreiss di introdurre nel 1991 il Third Catalogue of Nearby Stars, noto come CNS3 che comprendeva tutte le stelle situate entro 25 parsec e strettamente dipendente dal General Catalogue of Trigonometric Parallaxes precedentemente compilato dal dottor William F. van Altena, professore della Yale University. Come recita il titolo, la distanza di queste stelle è stata determinata col sistema della parallasse trigonometrica, l'unico che permette una determinazione diretta e accurata della distanza stessa. Questa tecnica si è molto affinata nel corso degli scorsi 35 anni, grazie soprattutto al satellite Hipparcos, acronimo particolarmente appropriato di High Precision Parallax Collecting Satellite (ossia "satellite per la determinazione di parallassi ad alta precisione") dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA), il quale ha funzionato per 4 anni, dal novembre 1989 al marzo 1993 e ha prodotto una messe incredibile di informazioni sulle 120000 stelle più vicine o più luminose visibili da Terra, con una precisione di un millisecondo d'arco. Per restare nell'ambito dei soliti esempi più che inflazionati, ricordiamo che 1/1000 di secondo d'arco corrisponde allo spessore di un capello visto alla distanza di 16.5 km! Del catalogo CNS3, le stelle situate entro i 20 parsec stanno acquisendo un interesse sempre maggiore, soprattutto a partire dalla metà degli anni '90, quand'è cominciata, appunto, la ricerca di pianeti extrasolari.
Colui che scosse il mondo con l'annuncio della prima scoperta fu Michael Mayor, professore elvetico dell'Università di Ginevra quando nel 1995 individuò assieme al neo laureato Didier Queloz al telescopio di 1.93 m dell' Osservatorio di Haute Provence, un pianeta attorno alla 51 Pegasi, una stella di magnitudo 5.5 molto simile al Sole e distante poco più di 15 parsec; questo pianeta è di 0.5 masse gioviane (figura di destra) e rivoluziona a sole 0.052 UA di distanza dalla stella su un'orbita circolare. Si tratta chiaramente di un pianeta dalle condizioni proibitive, con una temperatura superficiale stimata attorno ai di 1200° C, tale da fondere il rame o l'alluminio! Per avere un'idea concreta di cosa questo significa, si tenga presente che il diametro angolare medio del "sole" visto dalla sommità delle nubi, supposto che sia gassoso come Giove o Saturno, è di almeno 10 gradi (vedi), ossia superiore alle dimensioni di una palla da tennis osservata col braccio teso, nonché 20 volte più grande di come vediamo noi il Sole o la Luna da Terra (che sempre col braccio teso si occultano facilmente con un mignolo). Per questo pianeta è stato riesumato il nome di Vulcano, come lo storico pianeta intramercuriale ipotizzato da Le Verrier nel 1859. È tuttavia difficile pensare che un corpo gassoso si sia formato così in prossimità della stella; ma se allora si tratta di un pianeta roccioso, lo possiamo immaginare sconvolto da eruzioni vulcaniche intensissime e con una atmosfera che potrebbe addirittura contenere rocce vaporizzate (vedi).
Interessante è stato anche il caso di 47 UMa, una stellina di 5ª grandezza, anch'essa spettroscopicamente simile al Sole, attorno alla quale, all'inizio dell'anno successivo, gli astronomi G. Marcy e P. Butler hanno scoperto un altro pianeta gigante orbitante a 2 unità astronomiche con periodo di 3 anni. Si tratta di un mondo freddo come Marte, con una temperatura media attorno a -80°C; se però possedesse dei satelliti a distanza ravvicinata, gli attriti mareali indotti dal pianeta potrebbero essere tali da riscaldare questi ultimi in misura sufficiente da consentire la presenza di acqua allo stato liquido (figura di sinistra) o al limite generare un vulcanesimo esasperato, sì da farne un mondo sterile e infernale in costante ribollimento come quello di Io (a destra).
Da allora le scoperte si sono susseguite a ritmo incalzante, al punto che i pianeti extrasolari individuati sino alla fine del 2004 erano già 129 situati in 113 sistemi planetari di cui 13 con più di un pianeta e il loro numero è in continuo aumento; oggi (stiamo scrivendo verso la fine del 2007) se ne conoscono 268, tra i quali spiccano 21 sistemi multipli, ossia stelle con più di un pianeta. Tuttavia, per la stragrande maggioranza, non sembrano adatti a ospitare forme di vita: sono in prevalenza corpi di dimensioni molto grandi — uguali o poco minori di Giove — presumibilmente gassosi e con orbite inspiegabilmente molto strette, spesso esageratamente ellittiche. D'altra parte, come abbiamo già accennato nel caso di Vulcano, è assai difficile supporre che tali corpi si siano formati così vicini alle loro stelle, in quanto l'intenso calore emanato li avrebbe ben presto privati dell'atmosfera; se di pianeti gassosi si tratta è dunque più probabile che siano stati...scaraventati a questa distanza dall'interazione gravitazionale con altri corpi planetari, forse altrettanto massicci e che poi per qualche motivo sono sfuggiti dal sistema. Sia come sia, il fatto di trovarsi così in prossimità alle stelle li pone nettamente al di fuori di quella fascia delicata favorevole ai processi vitali, come avremo modo di vedere.
Fra i sistemi multipli è quasi d'obbligo segnalare quello di Rho1 Cancri, una stella di 6ª e di spettro G8 (e quindi leggermente più fredda del Sole), attorno alla quale dall'aprile 1996 al novembre del 2007 sono stati scoperti ben 5 pianeti. Di questi, però, solo il più interno — con una massa inferiore alle 8 masse terrestri — è verosimilmente roccioso, anche se trovandosi a meno di 6 milioni di km dalla stella non è propriamente un mondo ospitale! Gli altri 4 sono invece dei giganti con masse che variano dalle 46 alle 1200 masse terrestri.
Invece fra gli esempi un po' curiosi possiamo indicare il presunto pianeta ipotizzato attorno a Gliese 710, una nana rossa di magnitudo 9.7 situata nella Coda del Serpente e una massa stimata tra 0.4 e 0.6 masse solari. Questa stella si trova a una distanza di circa 19 parsec e ha destato molto interesse in quanto, combinando lo studio della sua distanza, del moto proprio e della velocità radiale, gli astronomi hanno potuto stimare con notevole precisione che fra 1.4 milioni di anni passerà a soli 1.1 anni luce dal Sistema Solare, divenendo brillante come Antares (ma non sarà certo questo lo spettacolo a polarizzare l'attenzione dei nostri futuri discendenti, se ci saranno, quanto una micidiale pioggia di comete provenienti dalla Nube di Oort perturbata dal passaggio ravvicinato della stella!). La figura a sinistra è, come sempre, una visione immaginaria, ma affatto verosimile, di questo ipotetico sistema stellare.
Un oggetto su cui vale la pena spendere qualche parola è Gliese 581, un'altra nana rossa situata a soli 6.3 parsec (20.5 anni luce) nella Libra e studiata dallo stesso gruppo di astronomi guidati ancora dall'inossidabile Michel Mayor. Attualmente il suo team lavora al riflettore da 3.6 metri di La Silla (in Cile) al quale era stato applicato uno strumento eccezionale: lo spettrometro HARPS (High Accuracy Radial Velocity for Planetary Search) in grado di misurare oscillazioni veramente infinitesime (vedi l'immagine a destra). Ne parleremo più avanti. Gliese 581 è una debole stella appartenente alla Sequenza Principale di classe spettrale M3, con temperatura superficiale di circa 2800° K e un'età stimata attorno ai 4.3 miliardi di anni, non molto dissimile, dunque, dall'età del Sistema Solare. Visualmente è una stellina magnitudine 10.56 situata circa 2° nord di Beta Librae (a sinistra è simulata la visione attraverso un grande binocolo o un piccolo telescopio: il campo è di circa 2.5° col nord in alto). È molto importante aver scoperto un sistema planetario attorno a una stella del genere, in quanto le nane rosse costituiscono il 67% (ossia i 2/3) delle stelle della Via Lattea e sono oggetti altamente stabili dal punto di vista dinamico. In base ad alcune semplici relazioni matematiche legate ai principali parametri stellari, possiamo altresì divertirci a fare qualche stima numerica per conto nostro. Per esempio, conoscendo la distanza e la magnitudo apparente di Gliese 581, possiamo calcolare quella assoluta e quindi la sua luminosità intrinseca — rispetto a quella del Sole — avvalendoci di semplici formule (v. NOTA); a conti fatti si trova un valore a 11.56 per la magnitudo assoluta e di 0.012 per la luminosità.
La massa si può invece calcolare in base a quest'altra formuletta: L = M3.8 che esplicitata rispetto alla M porta a un valore di 0.31 masse solari. Infine possiamo ricavare il raggio della stella dalla seguente relazione: (R / Ro) = 0.77 log (M / Mo), ove con Ro e Mo indichiamo, some al solito, il raggio e la massa del Sole. Il valore trovato è di 0.38 raggi solari, ovvero 266000 km. Questi conti servono a dimostrare che quando abbiamo a che fare con stelle "normali", ossia appartenenti alla Sequenza Principale — e quindi non supergiganti, nane bianche o stelle di neutroni — l'astrofisica, pur essendo di per sé una materia molto complessa, ne risulta molto semplificata e anche un astrofilo può trarne divertimento con semplici calcoli.
Gliese 581 era già venuta alla ribalta nel 2005 allorché una ventina di misure spettrali ad alta risoluzione effettuate dallo HARPS avevano portato alla scoperta di un pianeta di 17 masse terrestri situato a soli 6 milioni di km dalla stella su un'orbita circolare percorsa in 5.4 giorni. L'illustrazione di sinistra mostra un pianeta simile a Nettuno — dotato all'incirca della stella massa, anche se non è assolutamente detto che sia gassoso — in un cielo in cui è possibile riconoscere alcune stelle molto familiari. La temperatura su questo pianeta è molto elevata, tra i 150 e i 200 gradi, più o meno quella presente sulla zona equatoriale della Luna quand'è pieno giorno.
Andiamo ora a esaminare, nella pagina successiva, come fare a individuare questi pianeti così lontani. Esistono, sostanzialmente, tre metodi, anche se in realtà il terzo, quand'è possibile applicarlo, si può considerare come complementare al secondo.
NOTA – Il cosiddetto "Modulo di Distanza" è la differenza tra magnitudo visuale e assoluta, ossia: MV – MA = 5log d – 5, da cui, tramite semplici passaggi algebrici, si ricava MA = 11.56.
Questo valore non tiene conto della cosiddetta correzione bolometrica, che per una stella di classe spettrale M3 è di circa 2 magnitudini (una stella "fredda" emette infatti gran parte della sua energia nell'infrarosso). Se dunque la magnitudo assoluta bolometrica di Gliese 581 è, arrotondando, di +9.6 e quella del Sole di +4.8, la luminosità della nana rossa risulterà dalla seguente relazione: 2.512 (4.8 - 9.6), ossia 0.012 volte quella del Sole.