Polarizzazione
Per spiegare i fenomeni luminosi si ricorre spesso ad analogie acustiche; in certi casi si tratta di un modo efficace per semplificare i concetti, come nel caso dell' Effetto Doppler che, com'è noto, si produce quando una sorgente si avvicina o si allontana da noi. Tuttavia, se è facile notarlo col fischio di un treno o la sirena di un'ambulanza, è difficilissimo osservarlo con la luce — a meno di non disporre di adeguate apparecchiature — in quanto la velocità in gioco è incomparabilmente superiore a quella del suono (che nell'aria è poco più di 1200 km/h). Ad ogni modo, quando la sorgente luminosa si muove a una velocità che, al massimo, ammonta a qualche percento rispetto alla velocità della luce, la formula dell'effetto Doppler è identica nei due casi. Inoltre anche col suono si possono produrre effetti di riflessione, diffrazione e interferenza, in analogia con quanto si osserva per la luce.
Esiste, tuttavia, una fondamentale differenza tra i due tipi di onda: l'onda sonora è di tipo longitudinale, ossia la vibrazione avviene nello stesso senso di propagazione dell'onda; quella luminosa è invece trasversale e ciò significa che il piano di vibrazione è sempre perpendicolare alla direzione di propagazione. Volendo restare nell'ambito delle analogie sarebbe quindi più corretto paragonare l'onda luminosa alle onde concentriche che si generano su uno specchio d'acqua dopo che vi abbiamo gettato un sasso: se sulla superficie perturbata del liquido posiamo un pezzetto di polistirolo o di sughero ci accorgiamo che questo si muove su e giù, ossia perpendicolarmente alla propagazione delle onde che avviene lungo la superficie del liquido.
La polarizzazione è dunque un fenomeno tipico delle onde trasversali (è infatti sconosciuta in acustica) e per comprenderla è sufficiente tenere a mente il comportamento di un'onda luminosa che, come abbiamo già accennato parlando delle lenti, è prodotta da un campo elettromagnetico oscillante. Un campo si può rappresentare, punto per punto, con un vettore che viene usualmente schematizzato da una freccia: la punta della freccia indica il verso, mentre la sua lunghezza ne rappresenta il modulo o valore assoluto. I vettori dei campi elettrico e magnetico sono tra loro perpendicolari, ma poiché l'effetto luminoso vero e proprio è prodotto dal solo vettore elettrico, per spiegare il fenomeno considereremo solamente questo.
Immaginiamo quindi un raggio di luce che incida perpendicolarmente su un foglio di carta. Trattandosi di un'oscillazione trasversale, il vettore elettrico si metterà a vibrare nel piano del foglio. Ma questa vibrazione può avvenire in tutte le direzioni: se, cioè, in un istante la vibrazione avviene secondo la direzione A-A', come schematizzato nella figura, in un altro avverrà secondo la direzione B-B', in un altro ancora secondo C-C' e così via. Questa è la luce con cui abbiamo a che fare tutti i giorni: è quella emessa dal Sole, dalle stelle o dall'illuminazione artificiale. È però possibile, mediante opportuni dispositivi, far sì che il vettore elettrico vibri in una direzione preferenziale, per esempio A-A'; in questo caso si dice che la luce è polarizzata linearmente (ci sono altri modi di polarizzare la luce, ma esulano dal nostro contesto).
Uno dei modi più semplici per ottenere luce polarizzata è farlo per riflessione; la luce riflessa è già di per sé parzialmente polarizzata, ma quando un raggio incide su un lastra di vetro sotto un angolo particolare — chiamato Angolo Brewsteriano e pari a circa 56° — la luce riflessa è totalmente polarizzata. La lastra di vetro funge in questo caso da polarizzatore. Questo raggio si può a sua volta fare incidere sotto lo stesso angolo su un'altra lastra, ma a seconda di come quest'ultima è orientata rispetto alla prima, ossia a seconda che i piani d'incidenza sulle due lastre siano tra loro paralleli o perpendicolari, il raggio può riflettersi nuovamente oppure no. Nel primo caso le due lastre polarizzatrici si dicono parallele, nel secondo incrociate.
Un esempio pratico e facilmente visualizzabile di quello che stiamo dicendo si ottiene con i comuni vetri polaroidi che troviamo dall'ottico. Abbiamo detto che la luce riflessa è sempre parzialmente polarizzata e quando incide, ad esempio, sul terreno bagnato davanti a noi, il vettore elettrico della luce riflessa vibra prevalentemente in senso orizzontale. I polaroidi che poniamo sulle lenti degli occhiali sono delle sottili lamine di materiale plastico contenente piccoli cristalli dicroici (vedi NOTA a piè pagina) che permettono la trasmissione del vettore solo in senso verticale, per cui la luce riflessa viene in gran parte bloccata. Se guardate attraverso i polaroidi ma li ruotate di 90° il riflesso del terreno bagnato ritorna come prima (al limite solo attenuato dalla colorazione scura del supporto di celluloide).
La polarizzazione riveste molta importanza in astronomia. Quando rileviamo la presenza di una sorgente non termica, come ad esempio l'emissione di sincrotrone, generata da elettroni accelerati all'interno di potenti campi magnetici, questa radiazione è polarizzata e presenta uno spettro completamente diverso da quello tipico di corpo nero caratteristico delle sorgenti termiche.
Anche la luce del cielo è sempre parzialmente polarizzata e il grado di polarizzazione che presenta nelle varie direzioni permette di discernere la tipologia delle molecole responsabili della diffusione della sua caratteristica colorazione azzurra.
NOTA – quando un raggio di luce incide su un cristallo uniassico come la calcite o la tormalina, esso può subire, a seconda di com'è orientato il cristallo, il fenomeno della doppia rifrazione – detta birifrangenza – dividendosi in due componenti polarizzate in piani ortogonali; il primo dei due raggi si dice ordinario, in quanto segue le usuali leggi della rifrazione, mentre l'altro è detto straordinario e si comporta in modo anomalo. Si dicono dicroici quei cristalli nei quali l'assorbimento dei due raggi avviene in modo differente.