Elementi di Ottica
Queste pagine non hanno la pretesa di somigliare neppure lontanamente a un corso di ottica; per un lavoro del genere sarebbe necessario un intero sito, data la vastità dell'argomento. Diciamo che mi sono limitato a dare alcune informazioni basilari che ogni neofita dovrebbe possedere per meglio comprendere il funzionamento degli strumenti di astronomia.
Forse questi rudimenti sono ritenuti non necessari a chi si appresta a studiare le costellazioni o a inquadrare una galassia col telescopio appena acquistato, ma sarebbe come affermare che non è importante saper svolgere manualmente le quattro operazioni perché comunque ci sono le macchinette calcolatrici — piccole e ultrapiatte che si possono portare con sé dovunque — le quali suppliscono egregiamente all'uso di carta e penna. Non siamo d'accordo. Una persona sprovvista di calcolatrice deve essere in grado, all'occorrenza, di fare una divisione senza per questo andare in crisi! Allo stesso modo può essere importante, oltre che interessante quando si usa uno strumento astronomico, sapere dove si forma un'immagine e perché, qual è l'ingrandimento prodotto da una lente, come si calcola il potere risolutivo e molte altre cose.

Riflessione e Rifrazione
È noto che quando un pennellino di luce incide su una superficie perfettamente liscia subisce la legge cartesiana della riflessione. Vorrei chiarire che con "liscia" s'intende una superficie che non contenga asperità superiori alle dimensioni della luce; se tale condizione non è soddisfatta, ovvero se siamo in presenza di una superficie scabra, non si ha riflessione, ma diffusione. Questo, si badi, può succedere anche nei telescopi a riflessione: le piccole particelle di polvere che, soprattutto nei newtoniani aperti davanti, si depositano col tempo sullo specchio possono causare un lieve effetto di scattering della luce, con conseguente perdita di contrasto nelle immagini. Se questo forse non si nota sugli oggetti brillanti, può però diventare critico nella osservazione di deboli galassie, magari al limite della visibilità. Di qui l'importanza di non trascurare ogni tanto la pulizia delle ottiche (che va però eseguita con la dovuta cautela: gli specchi astronomici, specialmente se non sono quarzati, sono delicatissimi perché si rigano facilmente). La legge cartesiana afferma che l'angolo incidente è uguale all'angolo riflesso misurato rispetto alla normale alla superficie. È una legge generica che vale quindi anche per gli urti elastici di oggetti materiali su superfici levigate.
La rifrazione è invece un fenomeno che si verifica ogni volta che la luce passa da un mezzo a un altro dotato di proprietà fisico-chimiche diverse (leggi: più o meno denso). Ogni mezzo di propagazione è caratterizzato da un indice di rifrazione, indicato con n e che, salvo casi del tutto particolari, aumenta all'aumentare della densità del mezzo stesso; l'aria, per esempio, possiede un n poco superiore a 1 (per definizione 1 è l'n del vuoto), l'acqua ce l'ha uguale a 1.33, il vetro tra 1.4 — per quelli meno dispersivi — a 1.7; nel diamante, la sostanza più dispersiva nota in natura, n è addirittura superiore a 2.4. La rifrazione è governata dalla cosiddetta legge dei seni, la quale si può sunteggiare così:

sin i / sin r = n

ossia il rapporto tra il seno dell'angolo d'incidenza e quello dell'angolo rifratto è uguale all'indice di rifrazione relativo del mezzo più denso (per comodità l'indice relativo si riferisce sempre all'aria). Passando da un mezzo meno denso a uno più denso il raggio, come si evince dalla figura, si avvicina alla normale e se ne riallontana dopo la riemersione in aria.
Convenzionalmente si assume che il secondo mezzo sia più denso del primo (caso tipico del passaggio della luce tra l'aria e il vetro), ma se invertiamo la formula precedente e consideriamo più denso il primo dei due mezzi, ci accorgiamo che, onde avere il raggio rifratto, il pennellino di luce non può incidere oltre un certo angolo, chiamato angolo limite. In questo caso il raggio rifratto riemerge parallelamente alla superficie, ossia a 90° con la normale. Ma poiché è, per definizione, sin 90° = 1 e dal momento che la funzione seno non può mai superare 1, ne segue che per avere la riemersione da un blocco di vetro a facce parallele con n = 1.5, l'angolo d'incidenza non può superare i 42°. Se l'incidenza sulla superficie di separazione tra il mezzo più denso e quello meno denso avviene sotto un angolo maggiore di quello limite, il raggio rifratto manca e si ha il fenomeno della riflessione totale; questo effetto è sfruttato nei prismi di Porro che equipaggiano i binocoli più comuni, nei quali l'incidenza avviene a 45°.
Un noto fenomeno di riflessione totale si ha anche quando si nuota sott'acqua senza maschera e si guarda verso l'alto; la visione è ovviamente confusa, ma si nota facilmente un cerchio luminoso di ampiezza pari a circa 97°, ossia il doppio dell'angolo limite relativo alla separazione acqua-aria.
La rifrazione è prodotta anche dalla nostra atmosfera, sia pur in misura ridotta. Gli astrofotografi, ad esempio, devono tenerne conto quando vogliono riprendere oggetti al di sotto dei 30° sull'orizzonte, dove cominciano a verificarsi problemi d'inseguimento a causa del fatto che il movimento del cielo sembra leggermente rallentare. Ci sono tuttavia casi molto vistosi, come il tramonto (o il sorgere) del Sole sul mare in cui è facile notare la deformazione che subisce il disco solare a causa dello spesso strato d'aria che la sua luce deve attraversare. Molti di voi avranno senz'altro ammirato più di una volta spettacoli del genere!

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