La Stella di Natale
(saggio pubblicato su "Le Stelle", Dicembre 2006)
Le fonti storiche
Non è raro che astronomi e astrofili compiano lunghi viaggi per recarsi a osservare un particolare fenomeno celeste visibile da un preciso luogo sulla Terra. Possiamo ricordare, ad esempio, le spedizioni in Sud Africa o all'isola Mauritius in vista dello storico ritorno della cometa di Halley nel 1986 o i numerosi viaggi-vacanza organizzati per l'osservazione delle eclissi di Sole. E' dunque probabile, o comunque verosimile, che anche il viaggio intrapreso dai Magi dalla Caldea a Gerusalemme sia stato qualcosa di analogo.
Ma prima di soffermarci a considerare chi erano i Magi e della effettiva motivazione del loro viaggio, dobbiamo prendere in esame le fonti storiche dove si parla della Stella di Betlemme, come è comunemente conosciuta. Queste fonti sono, per la verità, molto scarne: il Vangelo di Matteo è, fra i quattro canonici, l'unico che ne fa menzione:
«Nato Gesù in Betlemme di Giuda, al tempo del re Erode, ecco dei Magi arrivare dall'oriente a Gerusalemme, dicendo, Dov'è nato il re dei Giudei? Abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti ad adorarlo».

La città di Betlemme
Il testo poi prosegue dicendo che Erode fece adunare in seduta straordinaria i sommi sacerdoti e gli scribi onde saperne di più; un sovrano tanto potente quanto insicuro come lui avrebbe paventato terribilmente la perdita di privilegi che derivavano dalla sua stretta collaborazione coi Romani. Dopo aver dunque ascoltato i depositari delle antiche profezie, Matteo continua affermando che:
«Erode, chiamati di nascosto i Magi, s'informò esattamente da essi sul tempo dell'apparizione della stella».
Questo nella versione della Bibbia Concordata, ma anche altre edizioni, come la CEI o l'Edizione Riveduta del Luzzi rendono il passo in modo del tutto simile.
Qui occorre fare subito una precisazione: «in oriente» è la consueta traduzione del Greco εν τη ανατολη (en ti anatolì) che può invece celare un significato più profondo di quello di una semplice zona del cielo dove osservare; secondo alcuni studiosi, tra cui il celebre archeologo biblico W. F. Albright, scomparso nel 1972, invece di «in oriente» sarebbe meglio tradurre «alle prime luci dell'alba» oppure «nei raggi dell'aurora», ponendo così in evidenza quando era osservabile la stella più che dove, ossia in riferimento al suo sorgere eliaco.
Altre informazioni più dettagliate si trovano nei vangeli apocrifi, quell'ottantina di scritti che la Chiesa ha rigettato come eretici, in quanto latori di insegnamenti non conformi all'ortodossia o a causa di inesattezze cronologiche e storiche. Eppure sarebbe difficile comprendere appieno tutte le sfaccettature dell'arte e della cultura cristiana prescindendo da questa vasta letteratura fiorita ai margini di quella canonica e che durante i primi secoli era sicuramente tenuta in maggior considerazione.
Uno degli apocrifi più famosi è il cosiddetto Protovangelo di Giacomo, composto agli inizi del II secolo — e quindi non molto posteriore alla stesura dei Vangeli canonici — dove al capitolo 21 possiamo leggere quanto segue:
«[I Magi] dicevano, Dov'è nato il re dei giudei? Abbiamo visto la sua stella nell'Oriente e siamo venuti ad adorarlo....[Erode] interrogò i Magi, dicendo, Quale segno avete visto a proposito del re che è nato? I Magi risposero, Abbiamo visto una stella grandissima che splendeva tra queste stelle e le oscurava, tanto che le stelle non apparivano più. E così abbiamo conosciuto che era nato un re a Israele...Ed ecco la stella che avevano visto nell'oriente li precedeva finché giunsero alla grotta e si arrestò in cima alla grotta».

Il presepio di Giorgio da Castelfranco (Giorgione)
Questo brano è molto importante per due motivi: innanzi tutto ha influenzato, più dei canonici, l'iconografia natalizia che ci è tanto familiare, simboleggiata dal Presepio; nei canonici, infatti, non si parla mai di una grotta, ma di una casa (Matteo), o di una mangiatoia (Luca); in secondo luogo ha messo seriamente in difficoltà i primi curiosi che si erano seriamente interrogati sulla natura della stella: se infatti questa era tanto brillante da oscurare le stelle vicine, come mai a Gerusalemme nessuno l'aveva vista?
Limitiamoci, per il momento, a esaminare ancora un passo tratto da un altro apocrifo, ossia il Codice Arundel 404, in pratica un racconto sull'Infanzia di Gesù e dove al paragrafo 90 si legge, sempre riferito ai Magi: «Abbiamo visto in cielo la stella del re degli Ebrei e siamo venuti ad adorarlo, perché sta scritto nei libri antichi a proposito del segno di questa stella: quando sarà apparsa nascerà il re eterno e darà ai giusti la vita immortale»(1).
Vorremmo richiamare l'attenzione sul «sta scritto nei libri antichi». Quali libri? Se infatti escludiamo un inciso contenuto nel 24-esimo capitolo del libro biblico dei Numeri («una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge in Israele»)(2), non v'è alcun'altra menzione della stella nelle Scritture Ebraiche con significato messianico. Esistono dunque, o sono esistite, antiche fonti extrabibliche che parlavano di un astro che avrebbe di fatto profetizzato la nascita del Cristo?
Prima di rispondere a questa domanda cruciale prendiamo un momento in considerazione i protagonisti della vicenda.

NOTA 1 – Impressionante, per non dire sconcertante, è quanto si legge poco più avanti, al paragrafo 94: «[La stella] ci è apparsa più sfolgorante del sole, sul cui fulgore nessuno ha mai potuto dire nulla [...] Essa non girava nel centro del cielo come sogliono fare le stelle e i pianeti, che quantunque osservino un certo corso di tempo, essendo immobili e di incerta provenienza, sono sempre dette erranti: solo questa non è errante. Pareva infatti che tutto il polo, cioè il cielo, non potesse contenerne la grandezza; ma anche il sole non ha potuto oscurare lo splendore della sua luce come fa per quello delle altre stelle. Anzi lo stesso sole si è fatto più debole di fronte allo splendore della sua venuta».

NOTA 2 – Questo passo tratto dall'Antico Testamento, che da molti studiosi è stato interpretato alla luce di una profezia messianica, è noto come l'Oracolo di Balaam. Non è quindi da escludere, secondo la moderna esegesi neotestamentaria, che il brano incluso da Matteo nel suo Vangelo ed enfatizzato dagli Apocrifi sia semplicemente una rilettura in chiave cristiana dell'antica profezia.

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