La Helix (NGC 7293) fotografata dallo HST Trascurate, spesso snobbate da molti astrofili ... Stiamo parlando delle nebulose planetarie che come in una gigantesca sfera di cristallo ci annunciano mestamente, sia pur con un anticipo di alcuni miliardi di anni, quella che sarà la fine del nostro Sole quando negli ultimi spasimi della sua esistenza eietterà nello spazio gli strati esterni da cui è composto; questi, a rimembranza del suo glorioso passato, riluceranno nel corso di migliaia di anni prima che vengano inesorabilmente dispersi nel mezzo interstellare.
Non riteniamo, tuttavia, che sia per questo motivo che vengono spesso ignorate, ma piuttosto perché non sono poi tante le planetarie osservabili visualmente con strumenti piccoli o medi ed esaurita la dozzina o quindicina di quelle più brillanti volgiamo inevitabilmente lo sguardo altrove. Alcuni di questi oggetti, infatti, essendo relativamente estesi, hanno una luminanza superficiale così bassa da risultare difficilmente osservabili anche in telescopi da 40 cm sotto cieli scuri; altre, invece, pur essendo di per sé brillanti sono talmente piccole che a malapena si riescono a distinguere dalle stelle di campo e di sovente l'unico sistema per scovarle consiste nel far passare, a intervalli, un filtro O III davanti all'occhio per notare quale stella sembra accendersi nel campo dell'oculare; è un espediente molto diffuso fra gli astrofili e, di sovente, l'unico che ci permette di capire in brevissimo tempo la reale natura di ciò che siamo osservando. Ci sono poi alcune planetarie che si presentano in forme svariate come bolle, anelli, clessidre e quant'altro la fantasia può escogitare.
Dobbiamo a W. Herschel la denominazione impropria di «nebulose planetarie» e con ogni probabilità ciò è dovuto al fatto che alcuni di questi oggetti presentano vaghe rassomiglianze di forma e colori col pianeta Urano da lui scoperto nel marzo del 1781; tuttavia, è opportuno ricordare che molte delle cosiddette "planetarie" scoperte dal grande astronomo inglese sono poi risultate essere galassie, così come alcune galassie e nebulose diffuse che facevano parte del suo catalogo originale sono state in seguito annoverate fra le planetarie.
L'astrofilo inglese William Huggins (1824-1910) ha avuto il merito di aver fornito al mondo scientifico uno strumento efficace per la catalogazione delle planetarie: questi, nell'agosto del 1764, aveva ottenuto e studiato lo spettro di NGC 6543, una planetaria nel Dragone abbastanza nota per il fatto di trovarsi in prossimità del polo galattico nord, e aveva formulato l'ipotesi che la luce emessa proveniva da un involucro di gas molto rarefatto, piuttosto che da un gruppo irrisolto di stelle.
M57 fotografata da Angelo Molinari
W. Huggins in un ritratto di J. Collier Uno degli esempi classici, e senza dubbio uno dei più gettonati, di planetarie è ovviamente M57, situata nella Lira. Il fatto che appaia ad anello è perché quando la osserviamo al centro l'occhio incontra uno spessore di materia molto inferiore di quello presente ai bordi. Se però osserviamo M57 con un filtro O III — un filtro interferenziale a banda stretta che sembra studiato apposta per queste nebulose a causa della preponderanza della loro emissione nella riga dell'ossigeno 2 volte ionizzato — ci accorgeremmo senza esitazione che questa planetaria al centro è tutt'altro che scura! La denominazione alquanto impropria di planetaria deriva, con ogni verosimiglianza, da una descrizione che A. Darquier, scopritore ufficiale di M57, aveva fatto di questa nel 1779 definendola «grande come Giove e somigliante a un debole pianeta». Charles Messier, che la osservò nello stesso anno, aveva avuto l'impressione che la chiazza di luce forse composta da stelle ma che tuttavia non gli riusciva di risolvere neppure col miglior telescopio. Non diversa fu l'opinione di William Herschel che la definì come «probabilmente composta da un anello di stelle». Il rapporto fornito dall'Ammiraglio Smith è senz'altro più simile a ciò che potremmo vedere noi astrofili con un piccolo telescopio senza l'uso di filtri: questi parlò di un anello di luce marcato e nero al centro. Tentiamo per prima cosa, giusto per divertimento, di localizzarla col binocolo, a circa metà strada tra le stelle Beta e Gamma. Non è facile perché pur essendo di nona grandezza — e quindi alla portata di un 10×50 — è angolarmente molto piccola e a meno che il nostro binocolo non renda le stelle di campo ben puntiformi rischieremmo, di confonderla con una di esse! In un 114, al contrario, è un oggetto molto facile che sopporta bene elevati ingrandimenti. Non presenta molti dettagli strutturali, ma è ben contrastata sul fondo cielo, di luminosità pressoché uniforme e coi bordi molto incisi; è chiaramente ovale, con l'asse maggiore orientato da nord-est a sud-ovest. La stellina centrale, di 15-esima grandezza, è sempre stata ritenuta difficilissima da osservare visualmente; siamo a conoscenza di persone che affermano di aver la intravista in un telescopio di 30 cm, ma personalmente non sono mai riuscito a individuarla neppure in un 40 cm a quasi 300 ingrandimenti e in buone condizioni di seeing. La questione rimane dunque aperta.
M76 ripresa dal matematico Robert Vanderbei Anche in questo caso abbiamo pensato di fornire un piccola tabella riassuntiva delle principali planetarie osservabili con strumentazione modesta, fra le quali spiccano ovviamente le 5 di Messier osservabili con un 12×50. Si faccia attenzione a localizzare con esattezza la piccola M76 che nel binocolo è di aspetto quasi stellare, essendo di dimensioni analoghe a M57. Fra l'altro, come si può già intuire dalla figura qui accanto, M76 possiede 2 numeri del catalogo NGC, ossia 650 e 651, quasi si trattasse di due oggetti distinti. Questa è effettivamente l'impressione che si ha osservandola visualmente in un piccolo telescopio, al punto che J. Mallas, esperto visualista e autore assieme a Kreimer di un best-seller su Messier, ne aveva fatto un curioso disegno, osservandola con un rifrattore da 4". Alcuni visitatori, probabilmente, si stupiranno di vedere nell'elenco M1 che non è propriamente una planetaria, ma le celebri vestigia si una supernova esplosa nel 1054; tuttavia anche M1 ci narra la storia della morte (in questo caso particolarmente violenta!) di una stella massiccia, per cui l'accostamento alle planetarie non sembra del tutto fuori luogo.
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