Immagine di Carlo Colombo Anche se molto più spinto del vuoto che si può ottenere nei laboratori di fisica, lo spazio interstellare, in realtà, vuoto non è. Mediamente vi incontriamo una densità pari a 1 o 2 atomi d'idrogeno per centimetro cubo, ma in certe regioni se ne possono anche trovare 20 o 30. Sono valori che se confrontati con la densità dell'aria che respiriamo (circa 1019, ossia 10 miliardi di miliardi!) ci fanno sorridere; tuttavia gli spazi interstellari sono talmente vasti che lungo la nostra visuale si sommano un numero impressionante di atomi e/o particelle di polvere, tali da produrre quelle nubi spettacolari chiaro-scure che contempliamo nel firmamento o quelle vaste zone scure come la biforcazione della Via Lattea tra il Cigno e il Sagittario.
Come tutta la materia presente nell'Universo, anche le nebulose sono costituite prevalentemente da idrogeno, l'elemento chimico più semplice che esiste, formato soltanto da un protone e un elettrone. L'idrogeno è abbondantissimo anche sulla Terra: certamente non allo stato puro, sia perché è molto reattivo, sia perché essendo leggerissimo tenderebbe a sfuggire rapidamente dall'atmosfera; lo troviamo invece combinato in moltissimi composti, primo fra tutti l'acqua che ricopre i 7/10 del globo; non per nulla idrogeno è una parola greca che significa letteralmente "generatore di acqua".
Quando gli atomi si trovano nel loro stato fondamentale si parla di idrogeno neutro e una nube d'idrogeno neutro si può solo evidenziare con un radiotelescopio per onde centimetriche; in altri termini, è otticamente invisibile. Può tuttavia capitare che a causa dell'intenso irraggiamento operato da una stella nelle vicinanze, l'elettrone, che se stava tranquillo nella sua nubecola attorno al nucleo atomico, venga spinto su un livello più energetico — e quindi instabile — e vi rimanga per un certo tempo; in questo caso l'atomo viene eccitato e rimane in questo stato sino a quando ricade nel suo stato primitivo emettendo un fotone corrispondente al salto energetico che ha dovuto compiere; questo salto, se non è troppo elevato, può corrispondere anche al dominio ottico e in tal caso si ha l'emissione delle famose righe della serie di Balmer; l'idrogeno diviene pertanto visibile in un comune telescopio. È un po' come un libro in bilico sul bordo di un tavolo: si trova in posizione precaria e quindi instabile; quando prima o poi cadrà in terra, un tonfo inconfondibile avvertirà la persona distratta che il suo prezioso volume è finito nella condizione di minima energia (il pavimento, per l'appunto); maggiore è l'altezza da cui cade, più forte sarà il tonfo!
La Rosetta in un'elaborazione dal DSS Abbiamo prima accennato alle righe di Balmer perché tale è lo spettro che presentano le cosiddette "nebulose a emissione", in quanto il meccanismo di emissione è concettualmente simile a quello prodotto da una scarica elettrica in un gas rarefatto. Una delle righe più vistose, e responsabile dei bellissimi colori di celebri nebulose, è la riga H-alfa che ha un colore rosso vivo; purtroppo questa non è mai così intensa da stimolare a un livello accettabile i coni della retina, quando poniamo l'occhio direttamente all'oculare del telescopio; in condizioni di bassa luminosità, come noto, l'effetto Purkinje tende a privilegiare le lunghezze d'onda minori, ossia la regione verde-azzurra dello spettro dove cade, invece, la riga H-beta. Dobbiamo quindi ritenere che il caratteristico colore glauco della nebulosa di Orione o della Laguna sia dovuta a questa riga? Non esattamente, o almeno non in modo preponderante. Questa bellissima tonalità, che conferisce un indubbio fascino all'osservazione visuale di certe nebulose, è dovuta a una riga prodotta dall'ossigeno due volte ionizzato, il cosiddetto O-III. Si tratta di una riga "proibita", nel senso che ha un probabilità remota di verificarsi; anzi, in laboratorio è virtualmente impossibile da ottenere, perché occorrerebbe una tale rarefazione del gas in esame da rendere pressoché nulli gli urti fra gli atomi. Ma anche raggiungendo questi requisiti, lo spazio di un laboratorio è comunque limitato. Nel caso delle nebulose, dove le distanze non si misurano in metri ma in migliaia di anni luce, lo spazio a disposizione, come dicevamo prima, è invece talmente vasto che anche un evento remoto come un'emissione proibita diviene quasi normale; volendo fare anche in questo caso un esempio un po' pacchiano, proviamo a immaginare di riuscire a giocare ogni settimana un miliardo di schedine al totocalcio: avremmo la certezza quasi assoluta di azzeccare costantemente il 13! Del resto anche la famosa riga di 21 centimetri emessa dall'idrogeno neutro, e che ha permesso ai radioastronomi di ricostruire per la prima volta la struttura della Via Lattea, è a sua volta una riga proibita. Ma la nostra Galassia, con un diametro di ben 100.000 anni luce, è talmente vasta che si ha un'emissione costante a questa frequenza.
La "Trifida" (© Carlo Colombo) Abbiamo sinora accennato direttamente o indirettamente a quelle nebulose che emettendo luce per fluorescenza brillano a tutti gli effetti di luce propria: la nebulosa di Orione, la Rosetta o la Laguna, sono esempi celebri che suonano molto familiari all'astrofilo, visualista o fotografo che sia; a queste dobbiamo chiaramente aggiungere tutto il corteggio delle neb. planetarie — per le quali rimandiamo alla sezione apposita — eccitate da stelle che possono anche superare i 200.000 gradi! Tutte queste nebulose presentano, per i meccanismi sopra descritti, uno spettro a righe brillanti.
Esistono, tuttavia, nebulose che brillano di luce riflessa e che di conseguenza alla analisi spettroscopica rivelano uno spettro simile a quello delle stelle situate nei paraggi, vale a dire un fondo continuo solcato da righe scure. Uno degli esempi classici è costituito da M78 il quale fa sempre parte di quell'immenso complesso nebulare cui appartiene la stessa nebulosa di Orione. Il colore e la luminosità di questi oggetti dipendono, oltre che dall'entità della luce riflessa, anche dalle dimensioni delle particelle che costituiscono la nebulosa; si può avere, cioè, un effetto di diffusione analogo a quello prodotto dal fumo di sigaretta: le minuscole particelle in sospensione, diffondendo maggiormente la luce a lunghezza d'onda minore, conferiscono una colorazione bluastra al fumo e, analogamente, molte di queste nebulose appaiono in fotografia con delicate sfumature tendenti al blu. Visualmente è praticamente impossibile discernere questi colori per la semplice ragione che a livelli molto bassi di luminosità l'occhio perde la sensibilità ai colori. In certi casi, comunque, è possibile notare la differenza tra i due tipi di nebulosa. Forse l'unico esempio eclatante è costituito dalla Trifida che presenta sia la parte a emissione, sia quella a riflessione.
La "Testa di Cavallo" (elaborazione DSS) Osservandola con un telescopio di almeno 40 cm. durante una notte molto limpida si nota, in effetti, che la parte a emissione presenta il tipico colore glauco, mentre quella a riflessione tende al viola. Mi piacerebbe che i visitatori facessero quest'esperimento e mi comunicassero le loro impressioni.
Esiste un ultima classe di nebulose: le nebulose oscure. Si tratta di vere e proprie cortine fumogene che nascondono le stelle retrostanti; alcune di queste, molto piccole, si presentano come delle macchioline nerissime dai contorni netti: sono i globuli di Bok, la fucina delle stelle; è qui infatti che in seguito a un collasso gravitazionale durato milioni di anni, s'innescano le reazioni nucleari che accenderanno nuove stelle. Le nebulose oscure sono disseminate un po' ovunque lungo la Via Lattea e sono usualmente indicate con una "B" — che sta per Barnard — seguita da un numero di catalogo. Una delle formazioni scure più note è la celebre Testa di Cavallo (B 33).
Dove cercheremo nel cielo queste nebulose? Chiaramente nel piano galattico, in quanto sono associate prevalentemente alle stelle di Popolazione I estrema presenti nei bracci a spirale. Qui le stelle sono giovani, massicce e quindi caratterizzate da una evoluzione abbastanza rapida, dell'ordine di alcuni milioni di anni; si ha pertanto un costante riciclo del materiale: dalle ceneri di stelle morte rinasceranno nuovi astri splendenti.
N. B. — L'osservazione a occhio nudo delle nebulose è limitato a pochi esemplari che riportiamo in un'apposita tabella; va da sé che è necessario avere un cielo particolarmente limpido e possibilmente buio anche nei pressi dell'orizzonte.