Ammassi Aperti

Foto di Angelo Molinari
Spesso considerati gli oggetti deepsky più semplici da osservare con strumentazione modesta, gli ammassi aperti sono grappoli di stelle che oltre ad avere un'origine comune hanno anche un reciproco legame gravitazionale; sono cioè relativamente stabili, a differenza delle cosiddette associazioni che invece tendono a disgregarsi nel corso del tempo. Una delle più famose di queste ultime è quella denominata Perseus III, perché fa capo appunto ad Alfa Persei. Un'altra differenza rispetto alle associazioni stellari e che mentre queste ultime si trovano nei bracci spirale, gli ammassi aperti sono invece per lo più confinati nel disco galattico.
Queste associazioni sono spesso molto brillanti, tant'è che si possono osservare, anche visualmente, in alcune galassie viste frontalmente o quasi, come M33, M74 ed M101. In fotografia appaiono per lo più come noduli colorati (dal rosso all'azzurro, a seconda dei filtri impiegati) che corrono lungo i bracci. Quello più appariscente, almeno per il nostro emisfero, si trova nella Nebulosa di Andromeda, in una zona povera di regioni di idrogeno neutro ed è brillante al punto da aver ricevuto una sigla a sé: NGC 206 (vedi). Ma attenzione: "brillante", in questo caso, è tale in senso relativo, non assoluto. Visualmente è abbastanza una sfida, anche se con un po' di pratica si riesce a scorgere in telescopi di 20 cm. NGC 206 è stata scoperta da W. Herschel il 17 ottobre 1786.

M31 con l'ingrandimento nel riquadro dell'associazione NGC 206 (foto di Carlo Colombo)
È importante, onde entrare nel vivo del nostro discorso, definire una classificazione di questi oggetti e per comodità ci atterremo a quella introdotta dall'astronomo svizzero naturalizzato statunitense Robert Trumpler nel 1930. Trumpler, vissuto tra il 1886 e il 1956, aveva condotto interessanti studi sulla caduta di luminosità delle stelle dovuta all'assorbimento interstellare, significativo nel caso degli ammassi aperti, a causa della forte concentrazione di polveri presente nel piano della Via Lattea. In base a questa classificazione, a ogni ammasso aperto è attribuito un codice alfanumerico che definisce, rispettivamente, il grado di concentrazione, la gamma di luminosità delle stelle da cui è composto e la ricchezza.

La concentrazione è così definita:
I  isolato, con forte concentrazione verso l'interno;
II  isolato, con debole concentrazione verso l'interno;
III isolato, ma senza alcuna concentrazione;
IV poco distinto dalle stelle di campo.

La gamma di luminosità delle stelle è definita da tre cifre:
1  modesta variazione di luminosità;
2  moderata variazione di luminosità;
3  ampia variazione di luminosità.

Infine, la ricchezza è contrassegnata da tre lettere:
p  povero, meno di 50 stelle;
m moderatamente ricco, da 50 a 100 stelle;
r  ricco, oltre 100 stelle.

A queste tre lettere può talvolta fare seguito una n per indicare che all'ammasso è talvolta associata una nebulosità.
Nel caso di M11, già citato, la classificazione è la seguente: I 2 r, ossia presenta una forte concentrazione interna, le stelle hanno un range di luminosità moderato ed è molto ricco. Nel caso delle Pleiadi (M45) la codifica è invece VI 3 r n, vale a dire: ben concentrato e isolato dal fondo cielo, ampia variazione di luminosità delle componenti, ricco, con presenza di nebulosità.

L'asterismo del Grande Carro (© Perseus)
Quando si parla di ammassi aperti il pensiero corre subito, appunto, alle Pleiadi, alle Yadi o al Praesepe, veramente spettacolari se osservati in un binocolo anche da cieli suburbani. Tuttavia, il più brillante in assoluto di questa categoria non sembra assolutamente tale, perché essendo molto vicino appare molto disperso: è stato denominato Collinder 285 , ma non è altro che una parte del ben noto asterismo dell'Orsa Maggiore! Tolta infatti la Alfa che è rossiccia e la Eta che è bianco-azzurra, le altre 5 del celebre Carro, assieme a poche altre più deboli, sono bianche e fanno parte di un gruppo distante mediamente 75 anni luce (per qualche notizia in più su Collinder 285 clicca qui).
Al secondo posto, come luminosità, troviamo le Yadi, situate attorno alla brillante Aldebaran, che però non fa parte del gruppo. Non solo questo ammasso è facilmente visibile a occhio nudo, ma è possibile addirittura contarvi una 15-ina di stelle. Le Yadi sono distanti 130 anni luce, un valore noto con una certa precisione in quanto è stato possibile determinarlo col metodo della parallasse trigonometrica che in assoluto è il più attendibile, in quanto si tratta di un metodo di misurazione diretto.
Al terzo posto per luminosità non potevano mancare le Pleiadi, forse in assoluto l'ammasso più bello del cielo boreale; il numero delle stelle visibili a occhio nudo varia notevolmente a seconda dell'acuità visiva dell'osservatore. J. Mallas, coautore assieme a E. Kreimer di un celebre best seller sugli oggetti Messier, riusciva a contarne non meno di 14! Normalmente, però, se ne vedono 6 o 7, come ci viene tramandato anche dagli antichi osservatori del mondo ellenico; sotto Tolomeo Filadelfo erano addirittura fioriti un gruppo di 7 poeti tragici noti come I Sette della Pleiade. Questo gruppo è distante 380 anni luce, ma è preceduto, in fatto a distanza, da un altro curioso agglomerato di stelle, situato a soli 240 anni luce nella Coma, e denominato Melotte 111; attenzione, però, a non confonderlo con l'Ammasso della Coma propriamente detto che si riferisce invece a un nutrito gruppo di galassie situato una decina di gradi più a est. Anche in Mel 111 un osservatore dotato di una buona vista può discernere 7 o 8 componenti.
Subito dopo possiamo giustamente annoverare M44 nel cancro, forse meglio conosciuto come Praesepe. Qui è virtualmente impossibile riuscire a individuare singole stelle a occhio nudo anche perché la distanza, pari a 600 anni luce, comincia a farsi non indifferente. A occhio nudo si presenta solo come una macchia, anche se ben evidente e definita, ma è sufficiente un mini-cercatore da telescopio per mostrare una dozzina di stelline di 7ª. Sembrano ormai lontani i tempi quando Galileo, per la prima volta, vi puntò il suo rudimentale cannocchiale e rimase esterrefatto!

h e χ Persei (© Angelo Molinari)
Un altro oggetto degno di nota e facilmente visibile a occhio nudo è quello conosciuto come Brocchi's Cluster o più freddamente Collinder 399, situato nella Vulpecula. Da sempre ritenuto un autentico ammasso aperto, questa sua natura sembra tuttavia definitivamente tramontata in base ai dati sulla parallasse e sul moto proprio forniti dal satellite Ipparco. È un gruppo molto bello e caratteristico osservato in un 20×80 o in un piccolo telescopio a bassi ingrandimenti; ma per informazioni più dettagliate su quest'oggetto potete andare alla paginetta corrispondente (vedi).
A questo punto non possiamo fare a meno di spendere qualche parola su un altro celebre oggetto: il Doppio Ammasso di Perseo, altresì conosciuto come h e χ Persei, riprodotto nella immagine a fianco; è visibile a occhio nudo come due macchiette ravvicinate distanti una 30-ina di primi (all'incirca il diametro della Luna) tra le costellazioni di Perseo e Cassiopea. Sebbene questi due agglomerati siano stati oggetto di un'accurata ricerca, il numero reale delle stelle fisicamente legate fra loro non si è potuto ancora determinare. P. T. Oosterhoff ha mostrato che nella direzione e alla distanza di h e Chi Persei, superiore a 7300 anni luce, il moto proprio delle stelle dovuto alla rotazione galattica sarebbe all'incirca lo stesso di quello osservato per le componenti degli ammassi. Non è quindi possibile riferirsi al moto proprio di una stella per stabilire se faccia parte o meno di uno dei 2 gruppi.
Secondo Sandage h e Chi Persei è uno degli oggetti più giovani che si conoscono, con un'età stimata non superiore a 2 o 3 milioni di anni, un valore confermato anche da R. L. Wildey che ha eseguito uno studio del diagramma colore-magnitudine in connessione con l'associazione Perseus I che circonda gli ammassi.

Alcuni Cataloghi Particolari
Nella sezione osservativa relativa agli ammassi stellari sono presenti alcune denominazioni insolite, che non fanno cioè parte dei consueti cataloghi NGC e IC. Non mi è possibile passarle in rassegna tutti quanti e mi limiterò pertanto ad alcuni.
Basel è il nome tedesco di Basilea, sede di un importante Istituto Astronomico purtroppo a rischio chiusura a causa dei tagli imposti dall'università da cui dipende. Il catalogo comprende una ventina di oggetti sparsi un po' per tutto il cielo.
Berk si riferisce a all'università di Berkeley situata a 16 km da S. Francisco (California). Il catalogo di ammassi e associazioni stellari pubblicato nel 1958 da Gosta Lynga comprende 88 oggetti.
Biur prende il nome dal Biurakan Astrophysical Observatory della Georgia fondato dall'astronomo armeno V. A. Ambartsumian dove Beniamin Markarian aveva compilato il suo catalogo di 50 oggetti (tuttavia nelle mie osservazioni Mrk 6, l'unico riportato con tale sigla sull'Uranometria, ho preferito classificarlo come Stock 7).
Blanco 1 è il nome dell'unico oggetto scoperto nel 1959 dall'astronomo portoricano Victor Manuel Blanco morto 92-enne nel 2011. Egli era stato il secondo direttore dell'osservatorio di Cerro Tololo in Cile fondato nel 1961.
Bo si riferisce al catalogo di Bochum, un'antichissima città della Westfalia nella cui area metropolitana, nel 1965, è stata fondata un'università. I 15 membri del catalogo sono quasi tutti situati a declinazioni negative. Bo 4 possiede anche la denominazione poco probabile di NGC 2409, che l'NGC 2000 del Sinnot dà invece come "non esistente".
Cr si riferisce a Per Collinder, astronomo svedese che ha compilato una lista di ben 471 oggetti ordinati per AR. Alcuni di questi, tuttavia, sono soltanto piccoli asterismi, mentre altri costituiscono una denominazione secondaria di altri cataloghi, principalmente quelli di Messier ed NGC. Va da sé che nelle mie osservazioni faccio riferimento a questo catalogo solo quando non è disponibile la sigla NGC.
Cz si riferisce al "New Open Clusters" di M. Czernik pubblicato nel 1966 e basato su oggetti individuati sulle lastre di M. Palomar.
Do e DoDz si riferiscono ai cataloghi Dolidze e Dolidze-Dzimselejsvili. Il primo, pubblicato nel 1961, comprende 47 oggetti, mentre il secondo, del 1966, ne include solo 11. Molti di questi si si trovano in zone della Via Lattea ricche di stelle e risultano quindi difficili da individuare: si tratta probabilmente di ammassi in avanzata fase evolutiva. Altri sono invece classificati solo come possibili asterismi.
H prende il nome dalla rinomata università di Harvard di Cambridge (Massachussets), nell'area metropolitana di Boston. La sigla non va quindi confusa con quella omonima, ma praticamente in disuso, del catalogo di deep-sky di Herschel comprendente 2500 oggetti! Tale sigla, in verità, non sembra molto usata (se si eccettuano alcuni atlanti cartacei come il Tirion o l'Uranometria), in quanto la maggior parte di questi ammassi sono preferibilmente elencati come Collinder o Trumpler.
Thomas King è stato un astronomo neozelandese di origine scozzese che nel 1887 aveva assunto la direzione dell'osservatorio Carter a Wellington, completamente ristrutturato nel 2010. Il suo catalogo comprende 26 oggetti.
Mel si riferisce a Philibert Jacques Melotte, astronomo inglese di origine belga vissuto tra il 1880 e il 1961. Nel 1908 era stato lo scopritore di una luna di Giove, nota oggi con il nome di Pasiphae, ma che sino al 1975 era indicata semplicemente con "Jupiter VIII". È del 1945 la pubblicazione del suo catalogo di 245 ammassi aperti e globulari.

Un giovane Clyde Tombaugh (1906-1997)
Il catalogo Stock prende nome dall'astronomo tedesco Jurgen Stock (1923-2004), cui si deve la compilazione di una lista di 25 oggetti durante la sua permanenza a Cleveland (Ohio). Molti di questi ammassi non sono vistosi, per cui soltanto alcuni sono riportati sugli atlanti stellari, anche se sono quasi tutti osservabili con strumenti amatoriali. Quelli più noti sono maggiormente concentrati in Cassiopea, Perseo, Giraffa e Cygno.
Tomb si riferisce a Clyde William Tombaugh, il celebre astronomo del New Mexico approdato giovanissimo al Lowell Observatory di Flagstaff, Arizona. Il suo nome è usualmente associato alla scoperta di Plutone nel 1930, ma ciò è restrittivo; la sua fama è infatti legata anche alla scoperta di circa 800 (!) asteroidi, centinaia di variabili, nonché a un numero imprecisato di ammassi aperti, ammassi di galassie e superammassi. Anche la cometa periodica 274P/ Tombaugh-Tenagra è una delle pietre miliari legate all'opera di questo instancabile scienziato morto ultranovantenne nel 1997.
A Trumpler abbiamo già fatto riferimento. Usualmente abbreviato Tr, è un catalogo di 37 oggetti, ma si tratta per la maggior parte di gruppi dispersi e difficilmente identificabili dal background stellare, a meno di non disporre di un'apposita cartina.
Ru si riferisce a Jaroslav Ruprecht, un astronomo cecoslovacco famoso per i suoi studi sulle associazioni OB.

Dal momento che sin ora abbiamo presentato alcuni ammassi galattici visibili a occhio nudo, ecco qui una tabella che può rivelarsi utile come puro allenamento visivo; in essa sono contenuti una quarantina di oggetti sparsi per il cielo. Sia chiaro che non ha alcuna importanza il visus dell'osservatore: dal momento che non si impiegano ausili ottici, chi dovesse avere qualche difetto visivo può sempre inforcare un paio d'occhiali. La cosa importante è cominciare a familiarizzare col cielo stellato.
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(Clicca qui per visionare la tabella)

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