R Hydrae

Campo di R Hydrae
A una dozzina di gradi a sud di Spica si trova la Gamma Hydrae, una stella di 3ª magnitudo di colore spettrale simile al Sole e che tuttavia ci serve solo come riferimento per arrivare a un'importante variabile a lungo periodo, la R Hydrae, situata 2.5 a est. Questa mireide, secondo quanto pubblicato nei cataloghi, può raggiungere la 4ª grandezza, ma di fatto non ha raggiunto questo valore dal 1943; se poi consideriamo gli ultimi vent'anni troviamo che il valore medio dei massimi è di 5.2 e pertanto appena visibile a occhio nudo, anche se si tratta di un valore non certo disprezzabile se confrontato coi massimi di luce della maggior parte degli astri di questo tipo.
R Hydrae è la terza variabile scoperta, dopo Mira Ceti (1596) e Chi Cygni (1686); è stato un italiano, Giacomo Filippo Maraldi, nipote di Cassini, a notarne la variabilità nel 1704. Questi era divenuto assistente dello zio all'Osservatorio di Parigi ed era presto guadagnato la sua fama per le sue osservazioni planetarie, soprattutto di Marte, nonostante la qualità certamente non eccelsa dei telescopi dell'epoca.

L'Osservatorio di Parigi in un'incisione del XVIII secolo
Come accaduto altre volte, anche R Hydrae era comunque già stata precedentemente osservata da due valenti astronomi: Johannes Hevelius, durante la compilazione del suo catalogo nel 1662, l'aveva riportata di 6ª magnitudo; successivamente Geminiano Montanari, un astronomo italiano che aveva lavorato a Bologna e Padova, e ricordato per la scoperta della variabilità di Algol nel 1669, aveva notato, nell'Aprile del 1670, che la R Hydrae era visibile a occhio nudo, ma non avendone trovato traccia sull'Uranometria del Bayer del 1603, l'aveva aggiunta di sua mano sulla copia che utilizzava per i suoi studi; commise però l'errore di non averla più osservata, perdendo così la possibilità di divenire scopritore della seconda mireide. La copia dell'atlante del Bayer capitò in seguito tra le mani del Maraldi il quale vide l'annotazione del Montanari e cominciò la ricerca della stella nel 1701, ma senza successo. Nel 1704 la osservò finalmente di magnitudo 4 e da allora cominciò a seguirne la curva di luce.
R Hydrae, di per sé, non farebbe gran notizia se non fosse per il fatto che negli ultimi 60 anni ha subito una brusca accelerazione del suo periodo: questo è passato dai 495 giorni, al tempo della scoperta, ai 389 attuali. Ora, è noto che queste variabili non hanno cicli perfettamente prevedibili, nel senso che i massimi di luce possono avvenire in anticipo o in ritardo di alcune settimane; la stessa Mira Ceti non fa eccezione. Ma per R Hydrae, come per poche altre di questo tipo, ci troviamo di fronte a marcate variazioni di periodo imputabili dovute, presumibilmente, a radicali alterazioni fisiche che avvengono all'interno della stella. In particolare, la diminuzione del periodo sembra coerente coi calcoli teorici relativi a quanto dovrebbe accadere in una gigante rossa dopo la repentina accensione dell'elio nei pressi del nucleo. Le stelle tipo Mira, infatti, sono vecchie e altamente evolute, con le riserve di combustibile nucleare quasi esaurite; al centro della stella si trova un nucleo molto denso costituito quasi interamente da carbonio e ossigeno, le ceneri della combustione dell'elio. Ma in un sottile guscio esterno a questo nucleo, l'idrogeno continua a convertirsi in elio, di modo che uno strato di questo materiale tende progressivamente ad aumentare. Nell'arco di un intervallo da 1000 a 10000 anni questo guscio di elio raggiunge una massa critica ed esplode (flash dell'elio), creando ulteriore carbonio e ossigeno. Non appena inizia il bruciamento dell'elio il guscio si espande rapidamente, bloccando la combustione dell'idrogeno che avviene subito all'esterno; per un centinaio d'anni la stella è dunque alimentata dalla fusione dell'elio, ma quando questo alla fine è consumato, il flash finisce, il guscio si contrae e ricomincia il bruciamento dell'idrogeno. Una mireide può subire diversi flash dell'elio alla fine della sua storia evolutiva, sino a quando gli strati esterni vengono eiettati e dispersi nello spazio, mettendo a nudo il nucleo caldissimo e superdenso costituito da carbonio e ossigeno: una nana bianca.
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La curva di luce di R Hydrae in un decennio; in ordinata sono riportate le magnitudini (adattato da Sky & Telescope)

R Hydrae sta probabilmente uscendo da questa fase e c'è da chiedersi se non dovremmo aspettarci comportamenti analoghi in altre stelle di questo tipo, se non addirittura in tutte! Gli astronomi non escludono che questo possa essere effettivamente avvenuto in alcune stelle come la T UMa, la R Aquilae o la W Draconis che hanno mostrato comportamenti anomali; un flash che sembra aver reso conto dello spasmo finale di una stella agonizzante è quello osservato a metà degli anni '90 in una nova bizzarra esplosa nel Sagittario; tuttavia dobbiamo sottolineare ancora una volta che se questi eventi che precedono la morte di una stella sono considerati abbastanza frequenti, lo sono su scala....stellare e non umana.
R Hydrae è distante 325 anni luce e presenta un compagno di 12-esima a 21'' NW dotato dello stesso moto proprio lungo la medesima direzione; è dunque assai probabile che si tratti di un sistema fisicamente legato.
Se desiderate osservarla e registrare voi stessi le variazioni di luminosità potete farlo con l'ausilio di un'immagine adattata da una cartina dell'AAVSO che potete visualizzare cliccando qui.

Da Nuovo Orione, "Stelle e Profondo Cielo" (Maggio 2004)

IDRA