La Quasar 3C 273

Le due barrette racchiudono la quasar 3C 273;
la sua posizione è: 12h 29m 07s, +2°03'09".
Tutto ebbe inizio più di trent'anni fa quando l'astronomia ottica e la radioastronomia fondarono un sodalizio che permise in brevissimo tempo di aumentare di un fattore 100 il volume dell'Universo conosciuto. È noto che la Luna, nel suo movimento apparente in cielo, occulta un certo numero di astri (soprattutto stelle, ma talvolta anche asteroidi e pianeti) che incontra man mano nel suo percorso. Uno di questi era la radiosorgente denominata 3C 273 (la sigla sta a indicare che è la 273-esima sorgente radio del Terzo Catalogo di Cambridge) e grazie allo schermo mobile costituito dal nostro satellite naturale fu possibile localizzarne l'ubicazione con una approssimazione di un secondo d'arco. Il solo astro situato in tale posizione era una stella azzurra relativamente brillante il cui spettro fu subito fotografato al Monte Palomar dall'astronomo olandese Marteen Schmidt il quale tentava così di chiarire il mistero di una stella che se sembrava avere un'emissione radioelettrica molto maggiore di quella del Sole. Schmidt scoprì nello spettro le righe di emissione dell'idrogeno fortemente spostate verso il rosso di una quantità corrispondente a una velocità di recessione pari a ben 47.000 chilometri al secondo! Si capì subito oggetto in questione non poteva essere una stella, perché con una velocità così elevata non potrebbe rimanere gravitazionalmente legata alla nostra galassia. Ma non solo. Interpretando lo spostamento delle righe spettrali come di natura cosmologica (che è l'ipotesi immediata e più verosimile) e applicando la nota legge di Hubble che correla la velocità di recessione alla lontananza, si trovò per 3C 273 una distanza oltre 2 miliardi di anni luce! Si trattava quindi di un oggetto non soltanto lontanissimo, ma anche intrinsecamente molto luminoso. Inoltre, dal confronto di fotografie prese in luce di diverso colore, si è potuta determinare anche una forte emissione ultravioletta e infrarossa, completamente anomala per la stragrande maggioranza delle stelle ordinarie. Era così stata identificata la prima quasar, un acronimo che deriva da quasi stellar radio source, ossia "sorgente radio di aspetto stellare". Non bisogna però farsi ingannare da questa definizione; infatti, non tutte le quasar successivamente scoperte (se ne conoscono circa 1500) emettono nel dominio radio e anzi si ritiene che la maggior di esse siano in realtà radio quiete.
Ma che cos'è in definitiva una quasar? Secondo l'ipotesi che gode maggior credito è che si tratti del nucleo iperattivo di una galassia — o di una protogalassia — talmente lontana che, salvo pochi casi, non è possibile osservarne otticamente le zone periferiche. 3C 273 apparterrebbe proprio a uno di questi perché è stata osservata la presenza di un getto composto da gas ionizzati lungo una 20-ina di secondi d'arco che è un palese indizio di attività esplosiva. Fenomeni esplosivi al centro di galassie ci sono già in parte familiari. Si pensi al "getto" della stessa M87 o al nucleo di M77, la brillante galassia di Seyfert situata nel Cetus. Ma ciò che sconcerta nel caso delle quasar è che una luminosità da 1000 a 10.000 volte quella di una galassia come la nostra è emessa in una zona delle dimensioni di 5-10 mila unità astronomiche (circa 2 mesi luce), un valore decisamente più basso della distanza media che separa le stelle. Se fosse situata alla distanza standard di 32,6 anni luce, sarebbe un oggetto di forma probabilmente irregolare, del diametro pari alla metà di quello solare e di magnitudo attorno a -27, ossia la luminosità del Sole!

Variazioni di luminosità di 3C 273 (in ascissa sono gli anni e in ordinata la magnitudo).
La dimensione del nucleo di una quasar si può stimare in base alla variazione di luminosità che presenta: più rapida è la variazione, più piccola è la zona emittente. Anche 3C 273 presenta queste variazioni di luminosità, come mostra il grafico riportato qui a fianco; la sua magnitudine visuale media è di 12,8, alla portata quindi di un piccolo telescopio da 15 centimetri.
L'osservazione di questa quasar è senza dubbio un'occasione da non perdere per due buoni motivi: primo perché è l'unica facilmente alla portata di strumenti amatoriali; secondo perché mirare questo puntino azzurro suscita un'emozione davvero incredibile, in quanto l'osservatore si trova di colpo sbalzato indietro nel tempo (si parla di alcuni miliardi di anni!), in un periodo estremamente remoto quando il nostro pianeta era popolato soltanto dalle prime e rudimentali forme di vita presenti negli oceani.

Da Nuovo Orione, "Stelle e Profondo Cielo" (Febbraio 1995)

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