Lira
(se usi lo smartphone clicca sull'immagine)

È una piccola costellazione che copre appena 286 gradi quadrati situata ai margini della Via Lattea, ma è facilmente riconoscibile, se non altro perché la sua stella più luminosa è in grado di polarizzare l'attenzione anche dei più distratti. Quando si parla della Lira pensiamo istintivamente a quel piccolo e caratteristico asterismo costituito, oltre che dalla brillante Vega, da un parallelogramma i cui 4 vertici sono occupati dalle stelle Zeta, Beta, Gamma e dalle due Delta.
Immagine storica della lira (© Aratea di Leida)
E appunto questa figura che, secondo Flammarion, rappresentava la lira (o cetra), strumento musicale di antichissime origini inventato, secondo la mitologia greco-romana, da Mercurio e che finì successivamente in possesso del cantore Orfeo; questi, al suono delle sue celestiali melodie, riuscì a salvare gli Argonauti dalle insidie e dalle lusinghe delle Sirene. Secondo il poeta e astrologo romano Marco Manilio, egli sarebbe riuscito persino a commuovere Plutone, al quale si era rivolto supplicante per avere indietro la sua Euridice. Il re dell'Ade acconsentì a patto che egli non si voltasse prima di aver condotto la sposa nuovamente alla luce. Forse per desiderio, forse per disattenzione, fatto sta che Orfeo si voltò verso di lei prima di tornare fra i viventi e così la vide impietosamente svanire nel buio dell'inferno con un flebile addio mestamente giunto al suo orecchio. Disperato, il povero Orfeo vagò per breve tempo senza meta sulla nuda terra sino a morire di crepacuore; gli dèi, impietositi, decisero allora di immortalare il suo glorioso strumento fra gli astri. Con un tocco di fantasia anche noi possiamo volgere lo sguardo alle numerose stelle che compongono la Lira come alle note ammalianti di una partitura celeste che ci invita a osservare il cielo.
La Lira ha avuto tuttavia anche altre denominazioni, fra cui quella di "aquila" o "avvoltoio", come avvenne presso gli Arabi che la chiamavano appunto al-nasr-al-waki (l'avvoltoio in picchiata); potrà anche sembrare piuttosto strano, ma la stessa parola vega o wega deriva proprio da al-waki e ciò procura una certa confusione, perché la Beta porta invece il nome arabo di Sheliak che secondo alcuni significherebbe "arpa bizantina" e secondo altri addirittura "tartaruga". Fu forse per conciliare gli animi che nel Medio Evo la costellazione venne spesso rappresentata come un uccello rapace che scende dal cielo tenendo davanti a sé uno strumento simile a una lira o a un'arpa.

Vega in un'immagine di Lorenzo Comolli; si noti la doppia ε in alto a sinistra
Vega (Alfa Lyrae) occupa in graduatoria il 5° posto fra le stelle più luminose del cielo, ma se ci limitiamo all'emisfero boreale è preceduta solo da Arturo, la brillante stella arancione che a estate inoltrata si può osservare a occidente poco dopo il tramonto; rispetto a quest'ultima, però, possiede una declinazione più elevata che la fa culminare pressoché allo Zenit e di conseguenza è molto maggiore il tempo in cui rimane alta sull'orizzonte.
Vega ha 2 particolarità degne di nota: è stata la prima stella a essere fotografata: la sua immagine fu fissata a metà del secolo scorso su un dagherrotipo dopo un minuto e mezzo di posa. Inoltre passerà a poco più di 4 gradi dal polo celeste nord divenendo così la Stella Polare del futuro. Ma ciò avverrà solo fra 11.500 anni... Di questa stella gli astronomi sono riusciti a determinare molti parametri tra i quali la distanza (27 anni luce), la massa (3 volte quella del Sole), la luminosità intrinseca (58 volte quella del Sole) e persino il diametro apparente, in base a misurazioni effettuate con l'interferometro di Narrabri in Australia: da questo, nota la distanza, si può facilmente risalire a quello reale che è quindi pari a 4,6 milioni di chilometri. Si può dunque affermare di conoscere Alfa Lyrae con una certa accuratezza. Certo è che sarebbe interessante poterla visitare più da vicino e con l'estro tipico degli scrittori di fantascienza possiamo affermare che qualcosa in questo senso stiamo già facendo; il sistema solare, infatti, si sta dirigendo a circa 20 chilometri al secondo verso un punto chiamato apice solare che è situato a 6 gradi nord-est di Vega. Tuttavia, la distanza che dovremmo percorrere è tale che occorrerebbero più di 400.000 anni per giungere alla méta, e comunque si fa per dire: come tutte le stelle, anche Vega possiede un suo moto proprio e quando il Sistema Solare arriverà da quelle parti essa non brillerà più nella stessa posizione.

Schizzo di Stephenson 1 eseguito dall'autore
Beta Lyrae, il cui nome arabo e il rispettivo significato abbiamo già visto, è una stella variabile a eclissi i cui mutamenti di splendore furono già notati verso la fine del XVIII secolo da J. Goodricke e, forse prima di lui, da W. Herschel. Furono però le osservazioni di Argelander, direttore, nel secolo scorso, dell'osservatorio di Bonn, nonché autore del metodo di stima di luminosità che porta il suo nome, a permettere di scoprire che la stella varia regolarmente tra la 3ª e la 4ª magnitudo in un periodo di circa 13 giorni. La curva di luce, abbastanza peculiare perché priva di tratti orizzontali, fa pensare che ci troviamo di fronte a 2 astri di forma non sferica e comunque tanto vicini da esser deformati dalle reciproche interazioni gravitazionali. Da studi accurati condotti da una nutrita kermesse di astronomi, è risultato infatti che mentre l'astro principale è una stella azzurra di classe spettrale B8, il secondario, con ogni probabilità, è circondato da un disco di materia relativamente più freddo che lo nasconde, materia che è costantemente sottratta alla componente più massiccia. Le variazioni di luminosità di Beta Lyrae si possono seguire a occhio nudo o, al limite, con un qualunque binocolo.
Delta1 e Delta2 sono due astri separati da oltre 10' e potrebbero già essere discernibili senza ausili ottici se non fosse per il fatto che la prima delle due — di magnitudo 5.5 — è abbastanza al limite della visibilità a occhio nudo; l'osservazione in un buon binocolo 20×80 permette già di constatare un bel contrasto cromatico: Delta1 è infatti azzurra, mentre Delta2, di una magnitudo più brillante, è una gigante rossa. Queste, assieme a un'altra decina di stelle di luminosità diseguale, fanno parte di un ammasso aperto povero, disperso e poco conosciuto denominato Stephenson 1. Per quanto invece riguarda la celeberrima nebulosa anulare (M57), e con particolare riferimento alla stellina centrale, rimandiamo a una "storica" curiosità.
Un cenno doveroso e lapidario fa fatto sulla Epsilon Lyrae, una delle doppie più note del cielo; è formata da 2 coppie di stelle bianche distanti 3,5' ciascuna delle quali è a sua volta costituita da 2 stelle strettamente ravvicinate e distanti un paio di secondi. La cosa interessante è che le 2 coppie sono disposte in posizione ortogonale, il che le rende un ottimo test per valutare l'astigmatismo di un obbiettivo; se questo è presente, ruotando opportunamente il tubo del telescopio nella sua culla sarà possibile risolvere una coppia più facilmente dell'altra.

INIZIO PAGINA