L'osservazione col Binocolo
Informazioni generali
Si sente spesso affermare che il binocolo dovrebbe costituire il primo strumento d'osservazione per l'astrofilo. A parer mio non c'è niente di più vero e credo sia forse inutile mettersi a elencare gli innumerevoli vantaggi di un binocolo; ad ogni modo questi possono essere così sunteggiati:

grande maneggevolezza (almeno per quelli comuni);
grande campo visivo (solitamente dell'ordine di alcuni gradi);
immagine raddrizzata (molto utile per i neofiti);
visione binoculare (molto riposante e naturale)

A questi, tuttavia, dobbiamo contrapporre un paio di svantaggi abbastanza comuni nel caso di binocoli commerciali che sono:

ingrandimento fisso, ossia l'impossibilità di intercambiare gli oculari;
residui di cromatismo e astigmatismo a centro campo, enfatizzati nel caso di ingrandimenti elevati.

Sembrerà una banalità, ma chi acquista un binocolo dovrebbe testarlo su una sorgente luminosa puntiforme (come una stella brillante), perché solo allora saltano all'occhio eventuali difetti di fabbricazione; allo stesso modo può essere interessante esaminare il terminatore lunare per essere sicuri che appaia netto e non orlato di blu o di rosso, indice di una palese sottocorrezione cromatica; limitarsi a puntarlo su un panorama terrestre è solo indicativo, in quanto, a meno che non si tratti di un giocattolo, quasi tutti i binocoli danno buoni risultati in visione diurna quando, cioè, i soggetti sono ben illuminati; i veri problemi possono invece manifestarsi in condizioni di luce critica, come appunto al crepuscolo o durante la notte.
I parametri fondamentali dei binocoli (ingrandimento, diametro e campo) sono ben noti ed è comunque sufficiente cliccare sulla figura qui di fianco.
Ciò su cui vorremmo focalizzare l'attenzione è quel circoletto bianco che appare sull'oculare e che si chiama appunto cerchio oculare o pupilla d'uscita e che è fondamentale per determinare la luminosità di un binocolo. Si determina dividendo gli ingrandimenti per il diametro ed è usualmente compresa fra 7 (binocoli molto luminosi) e 2 o 3 binocoli a bassa luminosità). Si faccia però attenzione: se da un lato è vero che, a parità di diametro, tanto più un binocolo è luminoso tanto più possiede bassi ingrandimenti — ed è quindi facile da maneggiare — è altresì vero che un binocolo luminoso aumenta vistosamente anche il fondo cielo; inoltre un'ampia pupilla d'uscita rende critica l'aberrazione sferica del cristallino che è un fatto del tutto naturale.
Tutto questo si traduce in una perdita di contrasto, specialmente se il fondo cielo non è ben scuro. Pertanto è più consigliabile un 10×50 a un 7×50 e, similmente, un 20×80 a un 11×80. Questo discorso, ovviamente, vale soprattutto per l'impiego astronomico.

Il fattore crepuscolare
Un parametro molto importante — e poco conosciuto — strettamente correlato alla luminosità di un binocolo è il fattore crepuscolare (FC). Come lascia intuire la dicitura, è un valore che indica quanto un binocolo è grado di offrire buone prestazioni su panorami poco illuminati quali sono, ad esempio, i soggetti astronomici. Su alcuni testi di divulgazione viene definito in questo modo:

FC = (i × Ø)1/2

dove i è l'ingrandimento e Ø il diametro dell'obbiettivo in millimetri. Tuttavia, questa semplice formuletta può rivelarsi fuorviante, perché sembrerebbe che più si aumentano gli ingrandimenti più aumenta anche la capacità di un binocolo di mostrare meglio soggetti a bassa luminosità. Questo è vero sino a un certo punto, al di là del quale, però, il soggetto inquadrato diventa confuso. Una formula più ragionevole è pertanto la seguente:

FC = (i × Ø)1/2 – 0,7 i

dalla quale si ricava che il fattore crepuscolare aumenta sino a un certo valore massimo per poi cominciare a diminuire. Questo valore massimo si determina semplicemente derivando la formula precedente rispetto alla variabile "i" e trovando il punto dove la tangente alla curva si annulla (v. grafico). Si tratta di effettuare alcuni passaggi matematici che una volta ridotti ci conducono all'espressione (semplificata):

i = Ø / 2

Questo significa che l'ingrandimento ottimale per uso astronomico si ottiene dividendo per 2 il diametro dell'obbiettivo, vale a dire riducendo a 2 millimetri il diametro del cerchio oculare. È un risultato che non stupisce in quanto sappiamo che l'occhio umano presenta un picco di contrasto attorno a questo valore della pupilla. Da questo risulta, pertanto, che il binocolo ideale sia, ad esempio, un 25×50 e non un 7×50 che ha un cerchio oculare di oltre 7 mm.
Perché, dunque, binocoli dotati di queste misure apparentemente strambe si trovano difficilmente in commercio e, comunque, sono utilizzati così di rado? La risposta, probabilmente, risiede nei tre punti seguenti:

  1. un binocolo commerciale nasce prevalentemente per uso diurno e l'utilizzo di un 20 o 25×50 su un panorama terrestre è un po' deludente;
     
  2. un ingrandimento di 25 volte richiede uno stativo: si farebbe fatica a impiegarlo a mano libera a causa delle naturali vibrazioni del corpo umano;
     
  3. la qualità ottica di molti binocoli commerciali non è paragonabile a quella di un buon doppietto acromatico montato su un piccolo rifrattore di pari apertura; difetti come aberrazione cromatica residua, astigmatismo e distorsione verrebbero inevitabilmente esasperati in un binocolo a forte ingrandimento.


Il 20x50 della Vixen
Binocolo Nikon 14x40 stabilizzato Ciò nonostante, la Vixen ha creato un 20×50 che si rivela promettente per uso astronomico. Un binocolo come questo permette un guadagno di ben 2 magnitudini sulle stelle rispetto a un 7×50, nonché un aumento sensibile di contrasto sugli oggetti diffusi. M109, una galassia fortemente disturbata dalla γ UMa di 2ª grandezza che brilla a poco più di mezzo grado NW, è un oggetto piuttosto difficile in un 10×50, ma si vedrebbe senza problemi nel 20x50 (altri binocoli di questo tipo sono quello della Yukon e della Bushnell, in utilizzato da chi scrive). Esiste poi un binocolo Nikula 25×50 che coi suoi 2 mm. di pupilla d'uscita fornisce il massimo del fattore crepuscolare. L'unica vera limitazione di questi binocoli è rappresentata dal campo piuttosto limitato (soliltamente non superiore ai 2.5°) che penalizza un po' l'osservazione di nebulose molto estese e per le quali è più indicato un 10×50 grandangolare.
Altresì interessante è il binocolo Nikon 14x40 che oltre a una luminosità più confortevole, per uso diurno, ha il vantaggio di essere stabilizzato, ossia assemblato su giunti cardanici che smorzano notevolmente le vibrazioni, eliminando così la necessità di un supporto (v. figura qui sopra a destra); l'unico "difetto" di questa tipologia di binocoli è rappresentato dal prezzo decisamente più elevato rispetto a quelli tradizionali.

Prismi di Porro o prismi a tetto?
Un classico binocolo coi prismi di Porro Binocolo coi prismi a tetto Diciamo subito che per un uso astronomico non c'è differenza.  La maggior profondità di campo indotta dalla maggiore distanza degli obbiettivi dei binocoli che montano prismi di Porro si manifesta solo in visione diurna e su soggetti relativamente vicini. Tuttavia, quando si puntano oggetti celesti, o comunque oggetti molto lontani, la visione stereoscopica non è più apprezzabile, data la loro enorme distanza, nemmeno se avessimo gli obbiettivi distanziati chilometri! Quindi un modello vale l'altro. I binocoli con i prismi di Porro sono i più comuni e sono meno costosi a parità prestazioni, ma purtroppo sono maggiormente sensibili agli urti, con eventuale conseguente disassamento dei prismi; vanno quindi maneggiati con garbo. Quelli con i prismi a tetto sono invece più compatti e meno ingombranti, ma non sono affatto di qualità ottica superiore, come spesso ancora si crede.

Per un astrofilo impegnato
Il Vixen 30x125 Per gli astrofili impegnati in una ricerca seria sulle comete la Vixen annovera nel suo parco due giganti con obbiettivi da 125 mm, uno da 20 ingrandimenti e l'altro da 30. È vero che la differenza di campo in questo caso è notevole, perché se il 2° si deve accontentare di un campo di 1.6°, il 20×125 ne sfoggia uno di ben 3° in quanto monta dei grandangolari. Nonostante questo saremmo comunque propensi a consigliare il 30×125 per i motivi di cui sopra. La ricerca di deboli oggetti diffusi, bassi sull'orizzonte, magari di piccole dimensioni angolari e forse perduti negli ultimi bagliori del crepuscolo o nei primi raggi dell'aurora giustificano, a nostro avviso, il sacrificio di un maggior campo visivo a vantaggio di un aumento del contrasto e di una maggiore risoluzione angolare. Devo comunque ammettere, per esperienza diretta, che l'osservazione in un 20×125 è un'esperienza indimenticabile, soprattutto quando sotto i cieli bui d'alta montagna si osservano gli oggetti della Via Lattea.
Ad ogni modo, una cosa è la contemplazione, un'altra è la ricerca. Tutto dipende dalla sensibilità dell'astrofilo. La cosa importante è sapere che anche un binocolo più semplice ed economico può rivelarsi molto utile se correttamente impiegato e molto divertente se usato con passione. Di questo parleremo ampiamente nella sezione deep-sky.

Per ulteriori informazioni tecniche sui binocoli potete dare un'occhiata all'articolo La Focale dei Binocoli.

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